Negli ultimi decenni, i grandi incendi boschivi hanno minacciato sempre più le comunità in tutto il Mediterraneo. Purtroppo le modellistiche indicano che che gli effetti dei cambiamenti climatici nel futuro renderanno questi incendi sempre più grandi, intensi e pericolosi. I saperi del passato nella gestione del fuoco potrebbero contribuire a migliorare la resilienza dei paesaggi locali.
L'ultimo articolo di ricerca dell'antropologo ambientale e professore dell' Università di California, Santa Cruz, Andrew Mathews e dell’antropologo ambientale Fabio Malfatti del Centro Ricerche EtnoAntropologiche di Lucca (Italia), affronta questi problemi nell’area del del Monte Pisano (Toscana, Italia Centrale ).
In particolare, Mathews e Malfatti hanno rilevato quanto il lavoro delle donne contadine, con la raccolta di foglie e arbusti nei boschi, combinato a quello dei pastori, con il pascolo delle greggi e l’uso occasionale del fuoco controllato per rinnovare i pascoli, fossero fondamentali nel mantenere paesaggi resistenti al fuoco. Purtroppo la bassa considerazione dello status sociale di questi gruppi, ha portato nell’oblio l’importanza del loro lavoro.
Sul Monte Pisano, ed in gran parte del Mediterraneo, le foreste e le altre comunità vegetali sono state modellate da migliaia di anni di gestione intensiva del territorio da parte dell'uomo. Poi l'emigrazione verso le città dagli anni '60 ha lasciato in abbandono le aree rurali. Senza persone che li mantenessero, i boschi sono stati invasi dalla vegetazione rendendoli altamente infiammabili.
Di pari passo, molte pratiche tradizionali di gestione del territorio rurale, che contribuivano alla riduzione dei rischi di incendio, sono state sistematicamente ignorate e perfino criminalizzate nel corso degli anni, fino al punto da essere praticamente dimenticate.
Fortunatamente però, ci sono ancora alcune persone che si ricordano. Mathews e Malfatti hanno contattato anziani e anziane nati tra il 1928 e il 1956 nella regione del Monte Pisano e condotto colloqui etnografici di storia orale per apprendere le pratiche tradizionali di gestione del territorio. In particolare, i ricercatori hanno chiesto informazioni su attività come la raccolta e l’uso della lettiera (l’insieme delle foglie del sottobosco), il pascolo del bestiame e gli abbruciamenti controllati, pratiche che uno studio precedentemente realizzato negli archivi storici suggerivano essere comuni nel passato.
"Le persone che abbiamo intervistato erano in realtà entusiaste di raccontarci del loro passato", ha detto Mathews. "La maggior parte delle persone che incontrano non è interessata alla loro vita quotidiana da giovani, ed hanno apprezzato di poter raccontare a qualcuno le loro storie. Sono risultate persone brillanti, riflessive ed interessanti. È stato divertente parlarci."
I partecipanti alla ricerca hanno descritto come una volta i boschi fossero pieni di attività umane. Le foglie venivano rastrellate e raccolte per essere utilizzate come lettiere negli ovili e poi il letame risultante come fertilizzante per gli oliveti. Legna e arbusti venivano raccolti come combustibili e per l'accensione dei fuochi. Le persone raccoglievano erbe, bacche e funghi nel bosco e le pecore brucavano l'erba. Ogni pezzo di legno o vegetazione aveva un'utilità, quindi il terreno boschivo in alcune aree era praticamente quasi spoglio ed i boschi avevano un aspetto aperto e simile a un parco.
Nel frattempo, nei pascoli e oliveti vicini, l'accumulo di erba, arbusti e rovi era mantenuto sotto controllo attraverso una combinazione di pascolo del bestiame, taglio manuale e occasionali abbruciamenti controllati. Ogni volta che si sviluppava un incendio nel bosco, c'era sempre qualcuno nelle vicinanze per spegnerlo rapidamente.
Queste testimonianze storiche sul paesaggio rappresentavano "una differenza straordinaria" rispetto a quanto osservato da Mathews durante le passeggiate di riconoscimento nel bosco nel Monte Pisano nel 2014. Lui ed il dott. Francesco Roma Marzio, specialista in botanica, hanno registrato una densa vegetazione e uno spesso strato di foglie, oltre a rami caduti e arbusti che potevano facilmente agire come "combustibili a scala", permettendo alle fiamme di propagarsi dal suolo del bosco fino alla cima degli alberi.
Mathews voleva stimare quanto di questa differenza tra paesaggi moderni e storici potesse ragionevolmente essere attribuita alle pratiche passate di gestione del territorio. Poiché le pecore erano centrali in molte di quelle pratiche -
come il rastrellamento della lettiera per la stalla e il pascolo delle mandrie di pecore nei boschi, ha iniziato confrontando i resoconti delle sue interviste di storia orale con i documenti agricoli storici per stimare il numero di pecore per ettaro di terreno nelle varie epoche.
In uno studio precedente, un gruppo di ricercatori aveva modellizzato la rimozione storica della biomassa nella regione Svizzera del Vallese per attività simili e con un rapporto pecore/terra più o meno comparabile con quello del Monte Pisano. Sulla base delle stime più basse di quella ricerca precedente, Mathews ha calcolato che il solo rastrellamento della lettiera avrebbe storicamente potuto estrarre circa il 30-40% della vegetazione prodotta annualmente all’interno della foresta, con un’ulteriore rimozione della vegetazione derivante dal pascolo, dalla raccolta della legna da ardere e da altre attività. Questi effetti avrebbero alterato drasticamente il paesaggio, lasciando ben poco combustibile per gli incendi boschivi.
Mathews e Malfatti hanno rilevato che la maggior parte delle persone nella regione oggi ha pochissima consapevolezza delle pratiche tradizionali di gestione del territorio che storicamente riducevano il rischio di incendi. Il gruppo di ricerca ha intervistato residenti locali, vigili del fuoco e funzionari governativi e ha osservato gli eventi della comunità per vedere cosa capivano le persone sulla storia della gestione locale degli incendi.
“C’è stata quasi una disconnessione completa”, ha detto Mathews. “Le persone hanno un’idea generale che l’abbandono del paesaggio sia un problema, ma la maggior parte non ha idea che ci sia stata una storia di incendi controllati e di cura che hanno reso il paesaggio meno infiammabile”.
Le cause di questo oblio collettivo sono radicate nelle politiche storicamente classiste e sessiste, suggerisce la ricerca di Mathews.
La raccolta delle foglie e altre attività di gestione del territorio erano condotte dai contadini, ma le interviste sulla storia orale hanno inoltre dimostrato che tipicamente erano donne e bambini a svolgere questo lavoro. Lo Stato considerava le pratiche contadine arretrate e obsolete nel contesto della spinta alla modernizzazione agricola. E le politiche forestali incentrate fortemente sulla produzione di legname hanno portato al divieto e alla stigmatizzazione della combustione gestita in modo tradizionale.
“La rastrellatura della lettiera è stata ignorata dallo Stato perché nessuno ci guadagnava denaro, era un ‘lavoro da donne’, svolto da persone ‘non importanti’ “, ha spiegato Matthews. “Allo stesso modo, i pastori, che spesso erano i primi a gestire gli incendi, hanno una lunga storia di stereotipi e guardati con sospetto in tutto il Mediterraneo. Quindi il governo non ha mai capito cosa stessero facendo né ha pensato che fosse utile”.
Mathews ritiene che le comunità di tutto il mondo possano imparare dalle tradizionali pratiche di gestione degli incendi del Monte Pisano, nonché dalle conseguenze del dimenticarle. Secondo lui, un abbandono del paesaggio simile a quello avvenuto in Italia tra la metà e la fine del XX secolo si sta attualmente verificando in alcune parti dell’Africa e del Sud America. Di conseguenza, si è verificata una diminuzione della combustione gestita tradizionalmente su scala globale.
“Tendiamo a pensare che gli incendi siano in aumento in tutto il mondo a causa dei cambiamenti climatici, ma allo stesso tempo, i tipi tradizionali di incendi più piccoli e controllati stanno in realtà diminuendo”, ha affermato. “Dovremmo riflettere attentamente sugli impatti derivanti dall’eliminazione degli incendi agropastorali, perché, alla fine, è probabile che ritornino e ci colpiscano sotto forma di incendi molto più grandi”.